Quando ero bambina mio padre mi fece scoprire il mondo dei francobolli. Mio papà non era assolutamente un filatelico, credo non abbia mai comprato una “quartina” o altro valore postale che non gli servisse per spedire qualcosa a parenti ed amici lontani, ma gli piaceva l’operazione di distacco del francobollo dalla busta, l’asciugatura, la classificazione e soprattutto gli piacevano quei pezzettini a volte coloratissimi e dalle forme non sempre quadrangolari che, come piccole finestre sul mondo gli aprivano piccoli orizzonti sconosciuti. La mancanza del web era allora colmata dalla carta stampata, fossero pure pochi centimetri quadrati con i dentelli. Fu mio padre a parlarmi del leggendario “Gronchi rosa”, un francobollo legato al nome di uno dei nostri Presidenti che, per misteriose ragioni (forse lui non le conosceva neppure) era diventato una cosa preziosissima, a possedere la quale si sarebbe automaticamente stati iscritti nella categoria dei ricchi. Per tanti anni ho continuato a raccogliere francobolli, sempre più distrattamente, fino a disinteressarmene quasi del tutto. Non ho mai trovato un Gronchi rosa o qualcosa di almeno pari valore e, in fondo, non me ne sono mai rammaricata più di tanto.
Stamattina ho ripensato al mondo della filatelia. Ho ripensato a quanti per tutta la loro vita hanno collezionato francobolli e non solo, ispezionando mercatini delle pulci nella speranza di trovare il loro pezzo straordinario, quello che da solo è capace di dare un senso ad una intera collezione. Ci ho ripensato leggendo una delle tante storie, tutte troppo dolorosamente uguali in questo tempo sospeso e stravolto, la storia di una donna in terapia intensiva, privata della vicinanza della famiglia, alla quale una pietosa infermiera regala una videochiamata per vedere i suoi figli, per vederli un’ultima volta prima di spegnersi falciata dall’assassino invisibile che terrorizza queste nostre recluse giornate. Non ha forse quella donna, alla fine della sua vita, trovato il suo Gronchi rosa, quella cosa dal valore inestimabile, unica come l’affetto dei suoi figli? Ed ho quindi pensato a quante volte non facciamo caso ai momenti preziosi che viviamo, alle persone che si affiancano a noi nel nostro cammino o anche solo banalmente alla bellezza intrinseca degli oggetti di cui ci circondiamo. Non ci facciamo caso perché inseguiamo sempre il miraggio del preziosissimo Gronchi e neppure vediamo i tanti altri rettangolini dentellati che riempiono e colorano la nostra vita e tra i quali si nascondono certamente valori inestimabili.
Stamattina ho compreso finalmente la lezione che tanto tempo fa aveva cercato di insegnarmi mio padre: non mi voleva incitare a cercare il Gronchi per diventare ricca, ma voleva semplicemente significarmi che, se avessi scrupolosamente raccolto i francobolli nei quali mi imbattevo e li avessi trattati con attenzione e rispetto, forse un giorno avrei scoperto di possedere un novello Gronchi, preziosissimo, che avrebbe cambiato la mia vita. Stamattina ho compreso quanto ricca io sia, quanti “Gronchi rosa” io possegga. Forse stamattina è cambiata davvero la mia vita.